C’è chi ancora si illude e va predicando che sia necessario ripartire da Sud e dal mercato interno per salvare le due italie e renderle una…Poveretti, non capiscono che se non si riprende “prima il nord” si ferma tutto?

No, non sono impazzito…tranquilli. Il titolo e il sommario sono volutamente ironici e al contempo drammatici nella loro stessa ironia proprio perché il filo rosso che ha sempre indirizzato la politica italiana è stato, è e sempre sarà “prima il nord”. Espressione, quest’ultima, che se negli anni ‘90 connotava l’elettroencefalogramma piatto tipico leghista, successivamente si è sempre più delineata come espressione trasversale del PUN, partito unico del nord, che accoglie fra le sue braccia esponenti di tutti i partiti politici italiani, anche meridionali, al grido “prima gli italiani”, ma fino a Roma (nella migliore delle ipotesi)!

La questione costo della vita è leggermente più complicata della variazione del prezzo del pane tra Milano e Napoli!

Per questo motivo personaggi come il sindaco di Milano Sala (e tralascio Mughini sul quale esprimere un giudizio sarebbe degnarlo di troppa considerazione) si sentono in dovere di esternare opinioni dilettantistiche e prive di fondamento sulla differenza del costo della vita tra nord e Sud. Perdonate, o voi elevatissimi, ma la questione è leggermente più complicata della variazione del prezzo del pane tra Milano e Napoli! Ma ci torneremo tra un po’…

L’incompetenza di Sala, insieme all’ignoranza qualunquista di Mughini, è la stessa che fa scrivere al lodigiano Roberto Arditti il 21 giugno scorso, sulle pagine online de l’Huffington Post, che la ripresa è “tutta roba che si gioca al nord, al massimo compresa l’Emilia di Stefano Bonaccini. Chi non lo capisce resta indietro” con buona pace di  Bonaccini che dovrebbe solo ringraziare Arditti per averlo annoverato in extremis tra gli elevati!

Nel suo strampalato discorso, tuttavia, una cosa sacrosanta Arditti la dice: il nord ha contato e per molti versi dominato nella seconda repubblica tanto è vero che, sia con Berlusconi che con Prodi, le istanze di autonomia regionale hanno avuto grande spazio sotto il profilo politico, legislativo e costituzionale.

E nel dire la verità Arditti si getta la zappa sui piedi, poiché proprio da Berlusconi a Prodi e fino a Gentiloni, il PUN ha fatto il bello e il cattivo tempo, arraffando tutto ciò che poteva ai danni del Sud e perfino firmando l’accordo per l’autonomia differenziata nell’immediata vigilia delle politiche del 2018.

Tuttavia mi chiedo, perdonerete la breve digressione, come sarebbe stata gestita “autonomamente” l’emergenza Covid dalle virtuose regioni nordiche, se fosse passata l’autonomia differenziata nel 2018. Ho ragione di credere, guardando i dati, che sarebbe stata una debacle dalla quale forse solo il Veneto ne sarebbe uscito meglio. Perché sono più bravi? Forse sì, ma anche no. Fortunatamente per i veneti, la loro regione ha conservato una cultura ed una tradizione della Sanità molto più orientate al pubblico di quanto non abbia fatto la Lombardia. E a certificarlo sono i dati che, impietosamente, anche in questi giorni, nei quali si contano poche centinaia di nuovi contagi in 24 h, collocano gli efficienti lombardi al primo posto in Italia con la media del 50% del totale dei casi. Quindi, non è un caso! Se si privatizza il 60% della sanità regionale garantendo nel privato 13 posti di T.I. a fronte dei 45 del pubblico, il risultato che avrai di fronte ad un virus sconosciuto è una strage di persone innocenti della quale sei inevitabilmente responsabile.

Finalmente sappiamo chi dobbiamo ringraziare per aver reso tanto competitiva l’economia italiana in questi ultimi 20 anni di media PIL allo 0,2 %!

E tornando alle elucubrazioni di Arditti, si scopre come l’Italia post-pandemia, ma ancora in piena emergenza sanitaria, necessariamente debba ripartire dal nord perché esso è il motore dell’economia nazionale; non farlo significherebbe fare la fine dell’Argentina! Dunque a conti fatti, cari amici, finalmente sappiamo chi dobbiamo ringraziare per aver reso tanto competitiva l’economia italiana in questi ultimi 20 anni di media PIL allo 0,2 % (dati Cgia di Mestre e non Svimez)!   

Argomentazione fornita a supporto della ripartenza a trazione nordica, è il rischio maggiore che corre il nostro paese perché ha sulle spalle ataviche debolezze (debito pubblico, divario nord/sud, burocrazia micidiale, giustizia lenta) che possono costarci moltissimo.

Ripartire da nord è la solita, vecchia ed inutile tesi truffaldina che persegue l’assunto, sbagliato e smentito dai dati negli ultimi 30 anni, secondo il quale riempiendo le tasche del nord di risorse pubbliche, il Sud ne beneficerà di conseguenza! I risultati sono nelle serie di dati dei CTP, dello Svimez, dell’Eurispes e, ribadisco, nello 0,2% di media Pil che negli anni in cui ha toccato l’1% ha fatto spesso gridare al miracolo economico!

E qui Arditti si ridà la zappa sui piedi perché se, com’è vero, una delle debolezze dell’Italia è il divario nord/Sud, è alquanto miope, arrogante e incompetente proporre di risolverlo ripartendo da nord. Si tratta della solita, vecchia ed inutile tesi truffaldina che persegue l’assunto, sbagliato e smentito dai dati negli ultimi 30 anni, secondo il quale riempiendo le tasche del nord di risorse pubbliche, il Sud ne beneficerà di conseguenza! I risultati sono nelle serie di dati dei CTP, dello Svimez, dell’Eurispes e, ribadisco, nello 0,2% di media Pil che negli anni in cui ha toccato l’1% ha fatto spesso gridare al miracolo economico!

Eppure per Arditti il nord, di questi tempi, è talmente abbandonato a sé stesso da aver estremo bisogno di un portabandiera che faccia valere le sue ragioni di fronte ad un governo di meridionali che con il nord hanno ben poco a che fare per storia personale e inclinazioni culturali. E chi può esserne degno se non Carlo Bonomi, neo presidente di Confindustria, che, seguendo il solco della nordica tradizione arraffona, a Villa Pamphili ha richiesto al governo dei terroni un rimborso fiscale di 3 miliardi. Il discorso è semplice: tu dammi i soldi e non preoccuparti.

Ebbene sì, caro Arditti, il latrocinio perpetrato al Mezzogiorno è tutta roba che si gioca al nord, ma l’unico che resta indietro nel conoscere la verità è lei! Così come restano indietro Sala e tutti quelli come lui che seguono lo stereotipo del costo della vita nord/ Sud e alimentano una sterile quanto inutile, perché smentita dai dati, rivalità.

Fossi in Sala (e per fortuna non lo sono) più che confrontare il costo della vita nord/Sud, mi concentrerei su un legittimo paragone della condizione di vita nelle due aree del paese. Allora balzerebbero agli occhi, di coloro che li hanno aperti sia ben inteso, che le differenze sono tante e tutte penalizzanti per il Sud.

A parità di salario un impiegato pubblico meridionale deve pagare bollette di energia e gas più alte; non ha a disposizione un valido servizio di trasposto pubblico a causa della spesa storica che dirotta risorse a nord e quindi deve andare a lavoro in auto pagando il carburante in media 10c in più; sulla stessa auto paga un premio assicurativo maggiorato fino all’80% pur essendo le regioni del nord largamente prime in Italia per numero di incidenti (dati Ivass 2018).

Se proprio il sindaco meneghino desidera le gabbie salariali, allora bisognerà prima definire alcuni parametri fondamentali dei servizi erogati, in modo tale che siano uguali per tutti. Alcuni esempi: a parità di salario un impiegato pubblico meridionale deve pagare bollette di energia e gas più alte; non ha a disposizione un valido servizio di trasposto pubblico a causa della spesa storica che dirotta risorse a nord e quindi deve andare a lavoro in auto pagando il carburante in media 10c in più; sulla stessa auto paga un premio assicurativo maggiorato fino all’80% pur essendo le regioni del nord largamente prime in Italia per numero di incidenti (dati Ivass 2018). E non ci sono frodi che tengano per giustificare una simile disparità dato che, la fonte è la stessa, a nord sono pari all’1% dei sinistri denunciati mentre a Sud sono il 2.

Se volesse invece chiedere un mutuo per comprare casa, il nostro impiegato pubblico si troverebbe a pagare interessi per il 2,01% se abita al Sud e del 2,18% se abita nelle isole a fronte di una media nazionale del 2,01% che vede gli interessi più bassi al centro 1,95%, seguito dal nord ovest 1,98% e dal nord est 2,06% (dati Bankitalia settembre 2019). Comprare casa a Venezia, quindi risulta più conveniente che comprarla a Palermo o a Cagliari. E potrei continuare con infrastrutture, asili nido e altro ancora…ma mi fermo. In sintesi, caro Beppe Sala e affini, il salario medio a Sud è più basso del 20% ed è percepito, nella stragrande maggioranza, da famiglie monoreddito sulle quali pesa l’assenza dei servizi (spesa storica) e un costo maggiore delle utenze e dei prestiti in denaro. Inoltre essendo il costo della vita misurato sui prodotti più venduti, risulta facile risolvere l’equazione (o forse sarebbe meglio dire la disequazione) che vede una corrispondenza tra redditi più alti e acquisto di beni più cari. E il discorso, alla luce dei dati, diventa ancor più penalizzante se si considera il settore privato!

Il nord evade quasi 60 miliardi di tasse che ogni anno dovrebbe versare all’erario. Parliamo di una cifra che va bel oltre la metà di tutta l’evasione del paese pari a 113 miliardi.

Si potrebbe però obiettare tirando in ballo l’altro luogo comune tutto nordico dell’evasione fiscale che a Sud è maggiore…Falso! Il nord evade quasi 60 miliardi di tasse che ogni anno dovrebbe versare all’erario. Parliamo di una cifra che va bel oltre la metà di tutta l’evasione del paese pari a 113 miliardi (dati Cgia di Mestre 2016 – ultimo anno disponibile) e sono dati decisamente inattaccabili, soprattutto perché elaborati a Mestre!

Una reale fiscalità di vantaggio a Sud attrarrebbe capitali nazionali ed esteri risultando così nella creazione di una rete imprenditoriale ed industriale omogenea su tutto il territorio la quale darebbe vita ad un “indotto economico” senza precedenti con possibilità di posti di lavoro attualmente solo immaginabili a beneficio dell’intero paese, quindi anche del nord!

Ecco perché, per dirla con Arditti, la stagione che sta per aprirsi è per noi decisiva. Il Sud può tranquillamente essere paragonato ad un’area economicamente depressa per scelta politica. Una politica coloniale simile a quella inglese nei confronti dell’Irlanda. Oppure può essere paragonato alla DDR dopo la caduta del muro. In entrambi i casi (indipendenza irlandese e unificazione tedesca) la ripresa è partita dal mercato interno, ovvero la ricchezza reale di un paese! Nel caso specifico irlandese, del quale mi sono occupato anni fa, è stata una fiscalità di vantaggio, la riduzione di quello che noi chiamiamo cuneo fiscale e un ampio bacino di forza lavoro a determinare la ripresa di quella che negli anni 90 era conosciuta come la tigre celtica. In Italia abbiamo la stessa ottimale situazione ed un’arma in più: il nord! Che però dovrebbe scegliere di collaborare con il Sud per non fare affondare la barca, “concedendogli” (passatemi il virgolettato) una reale fiscalità di vantaggio che significherebbe attrarre capitali nazionali ed esteri risultando così nella creazione di una rete imprenditoriale ed industriale omogenea su tutto il territorio la quale darebbe vita, se contemporaneamente supportata da reti autostradali, ferroviarie e portuali, necessariamente da potenziare e/o creare a Sud, ad un “indotto economico” senza precedenti con possibilità di posti di lavoro attualmente solo immaginabili a beneficio dell’intero paese, quindi anche del nord!

L’Italia e la sua classe politica di questi anni 20 entreranno nella storia: resta solo da capire se lo faranno per aver segnato la ripresa del paese o la sua fine.

Abbiamo le migliori condizioni per un potenziale sviluppo, insomma, ma non abbiamo una classe politica all’altezza. Finché il PUN terrà banco in Italia nessuna ripresa sarà possibile. Se non si riparte da Sud mettendo da parte l’eterna dicotomia con il nord, l’Italia è certamente destinata alla fine argentina come predica Arditti! E sia ben chiaro che non è il Sud a non voler seppellire l’ascia, che peraltro ha solo recentemente e parzialmente dissotterrato! Quando Sala parla di costo della vita non è altro che l’espressione, forse la più bassa, della classe lobbistica che muove a suo piacimento quella politica affinché siano tutelati i propri interessi e non il bene comune. L’Italia e la sua classe politica di questi anni 20 entreranno nella storia: resta solo da capire se lo faranno per aver segnato la ripresa del paese o la sua fine. E se fine dovrà essere il Sud non dovrà essere spettatore, ma protagonista nel processo di separazione da chi vuole condannarlo all’oblio.  

d.A.P.

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