L’ex ministro difende a spada tratta il Partito Unico del Nord sul metodo di riparto del Recovery Fund.

L’ex ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno Claudio de Vincenti, si è lanciato, ieri, sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno, in una astrusa quanto strampalata e contraddittoria difesa del Partito Unico del Nord (PUN) in merito al riparto del Recovery Fund (RF).

Il professor De Vincenti, docente di economia politica, sostiene che per portare risultati al Mezzogiorno “la discussione sul RF non deve scadere nella trappola del rivendicazionismo regionalistico che fa da alibi alle evidenti inadeguatezze politiche ed amministrative”. Da questa considerazione, alla quale non si propone alternativa, si capisce come il professore effettivamente insegni economia politica e non mastichi appieno la materia applicata alla realtà, in particolare quella del Mezzogiorno. Mi verrebbe da dire al pari del suo illustre collega Emanuele Felice, ma non lo dirò per non deviare dal discorso.

È vero che “la coesione passa per il sostegno alla ripresa del paese nel suo insieme”, ma da un pò di tempo a questa parte quando si parla di paese si parla di una sua zona ben precisa.

Risulta, tuttavia, quanto mai opportuno far notare al professore, in merito a quanto afferma, che il Mezzogiorno ha fatto fuoco con la legna che aveva per 20 anni di fila, durante i quali 60 miliardi all’anno venivano dirottati verso i lidi padani attraverso il trucchetto della spesa storica. Se poi le inefficienze politiche ed amministrative non siano figlie di questa disparità di trattamento, il professore dovrebbe almeno dimostrarlo e citarne alcune, perché dalla sanità lombarda al MOSE, passando per l’Expo … beh noi potremmo citarne tante lassù e tutte su fondi pubblici. Le inefficienze di cui parla, infatti, sono di due tipi: quelle per deficienza cronica di risorse e quelle per sovrabbondanza delle stesse.

È vero che “la coesione passa per il sostegno alla ripresa del paese nel suo insieme”, ma da un pò di tempo a questa parte, e l’ex ministro del PUN lo sa bene, quando si parla di paese si parla di una sua zona ben precisa. Vero?

Se poi è vero com’è vero che l’Europa “individua lo Stato quale responsabile dell’attuazione della strategia e ad esso, non alle regioni, assegna le risorse”, è altrettanto vero che i criteri nazionali individuati per la ripartizione sono, come del resto riconosce anche De Vincenti, la popolazione, il pil pro capite e il tasso di disoccupazione. Se non la logica, o una sterile formula matematica, il buon senso almeno imporrebbe, per una ripresa coesa del paese (e che quindi applichi in toto quella coesione territoriale di cui De Vincenti è stato ministro) che la maggior parte delle risorse del RF (il 70%) venga assegnato ai territori dove tali indici ne evidenziano la necessità.

Le rivendicazioni da parte del Mezzogiorno non sono regionalistiche perché non esplicitate singolarmente dalle regioni, bensì come corpus unicum di uno stato unitario (?) che dovrebbe occuparsi in egual modo del benessere di tutto il suo territorio e di tutti i suoi cittadini. Un concetto che è alla base del criterio europeo per il RF.

E invece, per il professore, sembra proprio non essere così. Anzi insiste, senza però proporre alternative, nel sostenere che l’allocazione delle risorse non sia da effettuare secondo quegli indicatori. Ne consegue, quindi, che l’Europa avrebbe individuato dei criteri per la quantificazione del RF, per poi lasciarne l’allocazione sul territorio a discrezione dei singoli beneficiari. Falso!

Le rivendicazioni, per dirla con De Vincenti, da parte del Mezzogiorno non sono regionalistiche perché non esplicitate singolarmente dalle regioni (vedi Zaia 25 miliardi o Fontana 35), bensì come corpus unicum di uno stato unitario (?) che dovrebbe occuparsi in egual modo del benessere di tutto il suo territorio e di tutti i suoi cittadini. Un concetto difficile da comprendere per il PUN, ma che è alla base del criterio europeo per il riparto delle risorse del RF all’interno di tutti gli stati membri, non solo dell’Italia.

E se per De Vincenti il Sud è trattato fin troppo bene nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) perfino per quanto riguarda la “logistica integrata che colleghi i nostri porti ai mercati europei e del Mediterraneo”, sia sufficiente fargli notare che in quello spreco di carta e toner che si è rivelato essere il PNRR si menzionano esplicitamente i porti di Trieste e Genova e non un accenno, a mo’ di esempio, a Gioia Tauro o al Ponte sullo Stretto, opera fin troppo necessaria per attuare quella logistica integrata di cui va predicando il professore.

Nessun rivendicazionismo, insomma, piuttosto la pretesa per fondato diritto che i fondi vengano investiti dove più ce n’è bisogno.

Il senso dell’incontro convocato da De Luca richiama l’attenzione di uno stato patrigno verso le esigenze e le priorità del Sud, affinché gli si assegnassero le risorse necessarie per le quali le stesse regioni sarebbero state responsabili.

Infine il volo pindarico De Vincetiano si conclude, com’è naturale che sia, nell’assurdo. Nessuno vuole escludere le regioni e i comuni, sostiene, nel “far emergere le priorità delle loro comunità affinché rientrino nella costruzione del PNRR”, a patto di renderne conto in fase di realizzazione. Ma, professore, delle due l’una: o le regioni indicano le proprie necessità senza essere tacciate di rivendicazionismo regionalistico, oppure è lo Stato a decidere come meglio gli aggrada. In fondo il senso dell’incontro convocato da De Luca andava proprio nella prima direzione, ovvero richiamare l’attenzione di uno stato patrigno verso le esigenze e le priorità del Sud, sistematicamente ignorate, affinché, in base ai criteri europei, si assegnassero le risorse necessarie per le quali le stesse regioni sarebbero state responsabili. In fin dei conti è lo stesso discorso fatto dalla ministra De Micheli quando ha elargito il miliardo per le Olimpiadi Invernali e non mi pare che lei, all’epoca, si sia stracciato le vesti.

Se poi volesse davvero comprendere come “recuperare l’ispirazione unitaria e nazionale” da applicare al RF, la prego di evitare l’esempio della Cassa per il Mezzogiorno (poiché essa fu semplicemente l’ennesima tangente nelle mani bucate del Nord) e prendere seriamente in esame il principio di Equità Territoriale. La sua onestà intellettuale ne rimarrebbe sorpresa!

d.A.P.

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