Il Mezzogiorno da decenni sotto attacco mediatico.

Non solo Recovery Fund. Il Sud è sotto attacco anche sul fronte mediatico da parte del mainstream nazionale che sistematicamente omette di dare notizie tanto in merito alle chiusure aziendali annunciate in questi mesi, quanto delle sue eccellenze. La sistematica assenza del Sud nel panorama dell’informazione nazionale (eccezion fatta chiaramente per i fatti di cronaca nera e affini) è frutto di una scelta mediatica ben precisa e pianificata, che affonda le sue radici in un passato remoto.

Vale la pena ricordare, in tal senso, lo studio dei veneti (non terroni) Stefano Cristante e Valentina Cremonesini, docenti di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università del Salento. Ne “La parte cattiva dell’Italia. Sud, media e immaginario collettivo”, pubblicato nel 2015, i due studiosi dimostrarono, dati alla mano, come negli ultimi 35 anni il TG1 della RAI avesse dedicato solo il 9% delle notizie al Mezzogiorno e quasi sempre per fatti di cronaca, criminalità e malasanità. Sulla stessa linea, la carta stampata, in particolare quella privata nordica, non fece certamente meglio se i 2000 articoli dedicati al Mezzogiorno da “Il Corriere della Sera” e “La Repubblica” nel periodo 1980-2000, si ridussero a 500 nel decennio 2000-2010. Inutile dirvi di cosa si occupassero.

Nell’immaginario collettivo, dunque, al Sud deve essere affibbiato lo stereotipo di terra maledetta dagli dei, dove niente funziona a dovere e dove rischi la pelle ogni minuto. Il Sud deve apparire arretrato, terra senza cultura, arte, musica, cinema e soprattutto senza eccellenze. Una scelta ben precisa e altrettanto sospetta. Un patto d’acciaio tra potere politico, economico e mediatico che disegna fannulloni a Sud e api operaie a Nord e che, con l’avvento della Lega Nord nello scenario governativo italiano, ha oscurato definitivamente la questione meridionale relegandola a causa persa in partenza estromettendo, di fatto, il Mezzogiorno da qualsiasi prospettiva di sviluppo socio-economico. Ignorare il Sud, dunque, (lo vediamo anche in questi giorni concitati per la formazione del governo Draghi) è decisamente una scelta politico-ideologica, il cui fine si individua inevitabilmente nella deformazione della spesa pubblica italiana, ieri, e nell’assalto alle risorse del Next Generation EU, oggi.

È un fil rouge per il quale in questi giorni non sentirete dai telegiornali della Tirrenia che chiude a Napoli, deportando letteralmente i suoi operai a Portoferraio e Livorno, così come non è stato dato spazio alla MeridBulloni che chiude a Castellammare per restare a Torino. Stesso discorso per l’Auchan di Nola che abbassa le saracinesche dopo 13 anni. E se sterili annunci sono passati circa la lotta egli operai Whirlpool di Napoli, certamente non v’è notizia alcuna in televisione delle eccellenze napoletane sul fronte covid-19. Niente sul Cotugno dove è in fase di sperimentazione avanzata una nuova terapia che attraverso l’utilizzo di un aminoacido aiuta a guarire i pazienti covid prima e meglio; il nulla circa l’accordo siglato con Federfarma Campania che renderà possibile la distribuzione dei vaccini in tutte le farmacie campane. Così come è accuratamente censurato il fatto che l’Agenzia italiana del Farmaco abbia autorizzato la sperimentazione clinica di un vaccino resistente alle varianti covid il cui studio clinico sarà svolto presso l’Istituto nazionale Tumori Pascale di Napoli. Tutto questo non può e non deve essere divulgato. A Fontana e alla Moratti potrebbe prendergli un coccolone.

d.A.P.

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