Oggi potremmo conoscere se esisterà un ministero per la transizione verde. Più importante sarà conoscere chi lo presiederà.

Oggi Draghi salirà al Quirinale e scopriremo, tra le altre cose, se esisterà un ministero dedicato alla transizione verde e chi, cosa di fondamentale importanza, lo presiederà. la speranza è che Draghi non abbia ceduto, nello stilare la lista dei nuovi ministri, alle solite logiche di spartizione partitiche all’italiana. Perché se transizione dovrà esserci, a guidarla dovrà andarci una figura competente. Il pericolo concreto, infatti, potrebbe essere quello di successive variabili dummies “verdi” inserite ad arte per deformare l’assegnazione dei fondi del Next Generation. E qualora il ministero dovesse cadere in mani sbagliate, il pericolo diventerebbe certezza.

La transizione green diventerebbe l’ennesimo paradosso italiano. Bonaccini e l’Emilia Romagna, insieme a tutti i sindaci dei comuni della Pianura Padana, sono infatti già pronti a battere cassa per “sconfiggere” le PM10, mentre a Sud due situazioni catastrofiche in Basilicata e Puglia sono sistematicamente ignorate. Anzi si spinge per ricoverare i rifiuti tossici nucleari in una terra, la Lucania, già martoriata dai pozzi petroliferi e dai rifiuti provenienti da ogni dove, sotterrati nelle sue campagne dalle organizzazioni criminali.

Un affare che scotta come i comignoli del COVA che avvelenano l’aria della Val d’Agri, dove mancano illuminazione e fogne, dove le loyalties sono da fame, mentre dal sottosuolo si ricava energia per tutti, ma non per il Mezzogiorno che anzi quell’energia la paga anche più cara. Un affare scabroso come le morti dei bambini del Tamburi che non hanno lo stesso diritto di vivere di quelli di Genova.

Transizione verde? Sì, a meno che il verde non sia quello padano. Parleranno i fatti e l’operato di un governo che ha in mano il destino di queste persone, di questi Italiani.

d.A.P. 

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