In pieno stile carbonaro, il 22 giugno si sono riuniti tutti gli scissionisti della banda bassotti nordica per discutere dell’autonomia differenziata.

Di Paolo Nino Catileri.

Ladies and gentlemen, save the date: 22 giugno 2022. Questa data, se le cose andranno secondo i piani padani, segnerà la data dell’inizio della fine di questo schifo di paese.

Perché il 22 giugno scorso presso la sede del Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie, si sono riuniti gli scissionisti Mariastella Gelmini, Attilio Fontana, Stefano Bonaccini, Luca Zaia, Alberto Cirio, Eugenio Giani, Giovanni Toti e Massimiliano Fedriga. Quest’ultimo presidente anche della Conferenza delle Regioni. Un atto molto grave perché al tavolo del confronto sull’autonomia differenziata i governatori del Sud non sono stati invitati.  

La ministra padana, dunque, discute di una questione che riguarda l’intero paese solo con una parte di esso: quella padana, appunto, arricchita dalle ingiustizie e dalle ruberie perpetrate nei confronti del Sud con la complicità di tutti i governi succedutisi fin qui.

In particolare questo governo è complice tout court anche dell’iniziativa della Gelmini che infine la qualifica a tutto tondo come la capofila di un manipolo di ladruncoli caratterizzati da un atteggiamento arrogante e supponente nei confronti di un terzo della popolazione.

Di fatto questo governo di inetti razzisti, non impedendo quel summit, ha certificato, qualora ulteriore certificazione fosse servita, la propria totale indifferenza nei confronti delle sorti del Sud e della sua gente.

Di fatto si è certificata la spaccatura tra nord e Sud che la legge quadro sull’autonomia differenziata (un accordo esclusivo fra Governo e Regioni che esautora il Parlamento) vuol contribuire ad ampliare ulteriormente fino alla totale irrecuperabilità del divario. Intenzione palese anche nell’attuazione del Pnrr a gestire il quale hanno piazzato la ministra delle colonie del Sud Carfagna…che ovviamente sull’accaduto, da brava soubrette relegata al ruolo di comparsa, tace!

Insomma se qualcuno ancora nutriva speranze contrarie, il 22 giugno ha avuto la certezza che l’autonomia differenziata invece si farà. E si farà esclusivamente alle condizioni della banda bassotti. Prendere (i soldi, loro) o lasciare (i soldi a loro, noi).

Al termine del summit tutti i partecipanti lo hanno definito positivo, utile e costruttivo … ovviamente per loro stessi. Eh sì perché la banda bassotti continua a riproporre lo stesso refrain: la loro richiesta di autonomia rappresenta un’opportunità per l’intero paese, perché favorisce l’accelerazione nella definizione sia dei fabbisogni standard che dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP). Fabbisogni standard e LEP che però verrebbero definiti a partire dalla spesa storica e non dal principio di sussidiarietà, concetto che i nostri in questione si guardano bene dall’esplicitare perché scoprirebbe le carte truccate della legge quadro. Inoltre non si capisce, in questo raro impeto padano-nazionalista, come mai l’autonomia farebbe bene al paese, mentre la ripresa del Sud no.

Tuttavia la risposta è implicita: l’unico paese che loro riconoscono è la Sacra Padania Unita alla quale dei LEP, insabbiati da ben 21 anni, non interessa un fico secco. Definirli prima, infatti, comporterebbe il crollo del castello della spesa storica, l’approvazione del fondo di perequazione al 100% (ora è fermo al 48%) e le tasche vuote dei suddetti senza i soldi dei meridionali.

E il Sud? Che fa? Discute del sesso degli angeli! Nessuna reazione veemente da parte dei governatori esclusi, non un’agenzia, non un tweet…elettroencefalogramma piatto! Avranno avuto di meglio da fare…anche se è difficile immaginare cosa, oltre al fatto di patire i ricatti delle logiche di partito.

E i meridionalisti, invece? Ognuno per la sua strada. Partiranno petizioni da una parte, conferenze dall’altra e mille altre iniziative per quante sigle attualmente esistono. L’unica cosa ragionevole da fare, non la si riesce a mettere insieme perché divisi da questioni filosofiche, più o meno di fondo, insormontabili. Eppure la miseria che le future generazioni meridionali si accingono a patire grazie a Gelmini & Co., dovrebbe interessare tutti costoro…a meno che non vogliano vedere emigrare tutta la gioventù meridionale; a meno che il meridionalismo non sia davvero diventato pura filosofia senza campi concreti di azione. E probabilmente la via sarebbe proprio quella di trasformare la filosofia in politica unendo le forze a manifestando compatti sotto il parlamento…e magari fare anche le barricate.

Molti diritti, nella storia, si sono ottenuti con le maniere forti e quello che viviamo non è più il tempo delle firme o delle chiacchiere da salotto. È tempo di agire insieme, non per difendere la costituzione e neanche il paese. È tempo di difendere sé stessi…è questione di vita o di morte a Sud.

La Sacra Padania Unita ha fatto la sua mossa; il Sud deve fare la sua in maniera compatta, altrimenti da nord, molto presto, gli verrà recapitata una proposta che non potrà rifiutare.      

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