Lo hanno capito quatro donne leader, non la Meloni.

di Paolo Nino Catileri

Il Pil è vecchio, ha fatto il suo tempo. E in questo tempo gli addetti ai lavori (in particolar modo in Italia) hanno imparato a truccarne i dati a vantaggio di una specifica tesi da portare avanti. Se n’era accorto già Bob Kennedy quando tre mesi prima di essere assassinato pronunciava il suo discorso all’Università del Kansas: «Il Pil misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani». Un punto di vista molto confacente alla realtà italiana. Se davvero si estromettesse il Pil come unità di misura dello stato di salute e di progresso dei Paesi nel mondo, l’Italia sprofonderebbe nei meandri delle classifiche europee se non addirittura mondiali. Non solo; se rapportando il Pil del centro-nord a quello del Sud escludessimo dal primo i fatturati delle grandi aziende (partecipate e non) come Enel, le società di telefonia, Terna, Webuild, RFI eccetera che hanno tutte sede legale al nord, ma “vendono” a tutti gli italiani, la differenza di pil si assottiglierebbe di molto; se poi estromettessimo anche i trasferimenti statali e il relativo indotto la differenza di pil finirebbe per scomparire se non addirittura essere a favore del Sud. Eppure tutti i dati ci dicono che a Sud l’economia stenta, la disoccupazione è dilagante, l’esodo giovanile raggiunge cifre vertiginose, aumenta la povertà assoluta e i divari di reddito pro capite. E la distrazione delle risorse del Pnrr verso nord attuata dal governo più nordista che si sia mai visto (ascari compresi) non migliorerà la situazione. Peggio ancora farà l’Autonomia Differenziata che cristallizzerà i divari maggiormente accentuanti sia dal Covid che dalla concessione dei fondi Pnrr in maniera smisurata a nord. Si pensi ad esempio alla sanità per la quale i fabbisogni standard sono calcolati, nella legge di bilancio 2022, a partire dal 2020 cioè quando, in piena pandemia, la disgraziata sanità privatizzata del nord ha avuto più bisogno di soldi. Tuttavia, poco importa perché il Pil regge; e poco importa anche dove il Pil regga…il Sud può sprofondare.

Magari rimarrà utopia, ma se non si comprende che per creare benessere e Pil oggi come oggi l’economia ha bisogno di apporti multidisciplinari e innovazioni metodologiche che mettano al centro la giustizia sociale come caposaldo della stessa azione economica la ripresa sarà assente. Insomma se non si abbandona la visione di una crescita economica come priorità fine a sé stessa in favore della concezione di un’azione economica finalizzata a supportare coesione, inclusione e sostenibilità quali strumenti per il raggiungimento territoriale omogeneo della giustizia sociale (che in parole povere significa abbandonare la teoria della locomotiva in favore dell’Equità Territoriale), allora mancherà poco alla fine di questo paese. Che sia poi secessione, default o peggio ancora guerra civile sarà un dettaglio, magari per i più trascurabile.

Qualcuno l’ha compreso, ma certamente non in Italia (eccezion fatta per MET naturalmente). Jacinda Ardern, premier della Nuova Zelanda, Sanna Marin, a capo del governo finlandese, Katrin Jakobsdóttir, primo ministro islandese e Nicola Sturgeon, premier scozzese, hanno fondato la Wellbeing Economy Partnership con l’obiettivo di studiare nuove forme di misurazione effettiva delle performance dei Paesi.

Quattro donne e non credo che la Meloni potrà essere la quinta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

5 × 5 =