Quattro giorni fa mi sono imbattuto in un articolo di Fabrizio Patti su L’Inkiesta.it, giornale digitale, cito testualmente, indipendente, libero da ideologie e posizioni precostituite”.

Tuttavia il titolo dell’articolo non ne rispecchia la descrizione: Le zone franche, l’ultima carta del Sud per dimostrare che sa usare i soldi del Nord”.

Ovviamente mi ci sono buttato a capofitto e ho scoperto che il dott. Patti è il classico esempio di giovanotto laureato a pieni voti alla Bocconi, con Master e collaborazioni illustri, che però non ha mai spostato il suo naso dai dati, dai numeri e dalle opinioni altrui: in definitiva il classico esempio di assenza (e si badi bene non mancanza!) del senso della realtà!

A questo giovanotto milanese classe ’80, noi altri non dobbiamo proprio ispirargli fiducia, se scrive che l’esperimento delle ZES (Zone Economiche Speciali) che ha funzionato dalla Cina al Marocco, da noi rischia di fallire perché il passato degli incentivi al Sud non rassicura.

Domanda: ma se non siete sicuri, chi ve lo ha fatto fare? Pur non essendo laureato alla Bocconi, le posso garantire che non saranno le ZES a “far sviluppare finalmente il Sud”, per dirla con parole sue, Patti.

Parole che già in apertura di articolo, ne denotano il tono ed il livello.

Livello che si chiarisce quando si riferisce al referendum del 22 ottobre (legga il link all’articolo su “Il borbonico” se vuole capire qualcosa sul referendum) chiedendo di dimostrare che il residuo fiscale delle regioni più ricche non sia elargito per assistenzialismo.

Infatti Patti non sa che questa è la stessa tecnica, adottata con verso opposto, che nei primi quaranta anni dell’unificazione spostò i capitali dal Sud a Nord; Patti non sa che l’assistenzialismo in Italia è un’abitudine, una moda.

Solo che, dal primo esperimento, i “fratelli” settentrionali hanno capito che con i soldi si stava bene e non ce li hanno più restituiti. L’assistenzialismo di cui lei parla, caro Patti, è lo stesso che dura dalla Cassa per il Mezzogiorno e che vede i soldi stanziati, usati sempre da imprese del Nord le quali aprono e magari costruiscono al Sud, per poi, terminata la sovvenzione, chiudere e tornare a casa lasciando le famiglie in mezzo alla strada e cattedrali nel deserto. E la colpa, ovviamente, è nostra perché non sappiamo lavorare!

Il Decreto Sud (dl 91/2017) va nella stessa direzione. Quali realtà già operanti al Sud saranno capaci di tali garanzie da ottenere i finanziamenti sotto forma di credito di imposta sui beni acquisiti entro il 2020? E alla luce del regime fiscale vigente quali, delle imprese che accederanno ai finanziamenti, resteranno in loco una volta esauriti gli incentivi o alla scadenza del settimo anno di permanenza? Funzionerà? No! E il motivo lo illustra lei stesso, Patti: “i porti devono essere efficienti (un tema che coinvolge anche tutta l’area dei retroporti, dove le merci si smistano e si indirizzano su ferrovie e strade) e l’incentivo può dare una spinta; mentre affidarsi al solo incentivo sarebbe illusorio”.

L’efficienza dei porti, infatti, si misura soprattutto relativamente alle infrastrutture alle quali sono collegati. Lei ha mai visto Gioia Tauro? Sa a cosa serve il porto calabrese? Affidarsi al solo incentivo sarebbe illusorio, dice lei? Sarebbe utopico, dico io!

Gioia Tauro è sulla rotta oriente-occidente che si estende dallo Stretto di Gibilterra al Canale di Suez ed è un hub di trasbordo, che collega le reti globali e regionali che attraversano il Mediterraneo. In parole povere le merci ci passano, ma non si fermano; né arrivano dalla terra ferma per prendere il mare, perché non ci sono né ferrovie né strade per portarcele. Gli stranieri ci fanno tappa dal mare, caricano i loro containers su un’altra nave, prendono un caffè e tornano in mare. Cosa ci ha guadagnato la Calabria? Nulla!

La domanda quindi non è “se il Meridione italiano riuscirà a usare le nuove zone economiche speciali per agganciare questo sviluppo di commerci e piattaforme logistico-produttive”. La domanda è quando i governi italiani cominceranno a pianificare interventi di sviluppo prettamente per il Sud, tralasciando quello che le lobbies nazionali e internazionali impongono loro? Lo sviluppo di zone franche, presuppone anche che da quel territorio ci siano merci e beni di qualsiasi valore che devono uscire o entrare nell’ambito di uno sviluppo commerciale. Al Sud di siffatte realtà produttive non ve n’è. Il che lascia presupporre, e mi ripeto, che o verranno realizzate da stranieri che accederanno agli incentivi per poi chiudere una volta terminati e rientrati nel regime fiscale ordinario, oppure dalle aziende del nord Italia che ovviamente faranno lo stesso discorso. Le faccio un esempio pratico, Patti: nello stesso decreto è prevista l’iniziativa “Resto al Sud”, ovvero incentivi ai nuovi imprenditori tra i 18 e i 35 anni che avranno in dotazione 50 mila euro di cui il 35% a fondo perduto ed il restante 65% con un prestito a tasso zero. Lei è a conoscenza degli adempimenti burocratici da espletare per accedere al credito e per poi far partire l’impresa (di qualunque campo tratti?); è a conoscenza del fatto che oltre alla restituzione del prestito deve anche pagare le tasse senza alcuna agevolazione; e se l’edificio dove opera è in fitto? Insomma quanto dovrebbe fatturare al primo anno una start-up che è partita con 50 mila euro per sostenersi? Si rende conto, Patti? Questo è assistenzialismo! E mi creda io lo so bene perché ci sono passato.

La vera rivoluzione economica per il Sud (che per inciso non ha bisogno dei soldi del Nord ché qui non sono mai arrivati e non ha bisogno “finalmente” di sviluppo ché qui non siamo sottosviluppati; checché ne pensi lei Patti) sarebbe la sostanziale abolizione dell’inutile burocrazia statale nella costituzione delle imprese e la defiscalizzazione delle start-up; ovvero permettere di intraprendere a coloro che lo desiderano effettuando i controlli successivamente e non prima; punendo con la chiusura dell’impresa e la restituzione con gli interessi dell’eventuale finanziamento, coloro i quali si rendano colpevoli di irregolarità. Questo metodo sarebbe un ottimo deterrente!

Se, nella sua opinione caro Patti, “il messaggio che è arrivato da Lombardia e Veneto è che di margini per grandi speranze rimpiante ce ne sono sempre meno”, io le dico che il messaggio che arriva dall’intero Sud è che siamo stanchi di essere il vostro bancomat!    

d.A.P.

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