Giovane (di sicuro), settentrionale, appartenente alla sinistra (quella buonista e politically correct) che si occupa di tutto fuorché di sé stessa, e di certo non appartenente al cosiddetto ceto medio impoverito.

Questo l’identikit di Francesco Cancellato che dalle pagine de Linkiesta continua a scrivere sciocchezze senza riuscire a frenare i suoi impulsi più reconditi. Deve soffrire e tanto, il povero Cancellato… Sicuramente non dorme la notte ed il suo intestino sarà diventato un groviglio inestricabile pensando a come trovare qualcosa di nuovo per screditare i cinque stelle e l’attuale governo. Parla di archetipo sociale, Cancellato, tirando in ballo un sondaggio di Demopolis, dimostrandosi di fatto molto più razzista di quanto non lo sia Salvini a voler fare il censimento dei Rom. Di fatto l’espressione archetipo sociale, chiunque l’abbia usata o ripresa, ghettizza tutti coloro che il 4 marzo hanno votato per l’attuale governo declassando quella parte di elettorato, rispetto a quella “illuminata” che ha preferito il giglio magico.

Tuttavia il meglio di sé, Cancellato, lo dà in seguito. Infatti, non essendo riuscito a dimostrare, nonostante l’enorme quantità di inchiostro versato anche nei giorni scorsi, la presunta incompetenza ed inettitudine dell’attuale governo (anche perché in carica da meno di un mese) arriva a sostenere che esso sia il primo esecutivo nella storia che, una volta al potere, se la sia presa con i propri elettori.

Ora, fermo restando che in Italia, almeno a mia personale memoria, non c’è stato un solo governo che sia andato al potere e abbia fatto gli interessi dei ceti sociali e territoriali che l’avevano votato, Cancellato, per sostenere la sua tesi, inizia dal ministro Di Maio il quale, attraverso il Decreto Dignità, spingerebbe le piattaforme della gig economy ad abbandonare il nostro paese. Tuttavia queste stesse piattaforme (tutte!) si sono sedute al tavolo con il ministro per trattare a testimonianza del fatto che non hanno alcuna intenzione di abbandonare l’Italia. Il tentativo di Di Maio è la regolamentazione di un far west senza diritti e doveri. Rammento a Cancellato che regolamentazione, quella alla quale i suoi cari giuslavoristi stanno lavorando da anni (parole sue) e che non sono ancora riusciti a mettere in piedi, significa contratto; e contratto significa salario sul quale pagare delle tasse e quindi maggiori entrate per lo stato. Non è questo che volevate? Combattere l’evasione e aumentare il gettito fiscale? La differenza è che il Pd lo fa a spese del ceto medio oberandolo e preservando le lobbies; l’attuale governo scava per far emergere il sommerso o regolamentare le ingiustizie. E poi, quand’anche alcune piattaforme abbandonassero il campo, cosa improbabile, lo farebbero a loro stesso danno, perché libererebbero mercato alla concorrenza che per far fronte alla domanda assumerebbe…alle condizioni del governo, però. Non mi sembra tano antieconomico…non trova?

In seguito, Cancellato, da buon lodigiano qual è, prende le difese del mio Sud … dei meridionali, come dice lui, che hanno votato in massa cinque stelle e ora devono fare i conti con l’autonomia fiscale della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna. Il nostro “economista” liquida la faccenda, un po’ come Salvini, dicendo che adesso i soldi delle tasse del nord resteranno a nord: la pacchia è finita! Accidenti che paura! Cancellato, mi permetta di ricordarle che il residuo fiscale altro non è, per il suo nord, che una mera partita di giro a sfondo razzista messa su dai governi italiani (tutti!) con l’avallo della classe politica meridionale votata al servilismo nei vostri confronti…e se ha la pazienza di leggere le dimostro come al Sud di fatto sono sempre arrivati meno soldi rispetto al nord.

Il calcolo dei fabbisogni standard comunali dei servizi sociali, per esempio, prevede una discriminante, razzista, territoriale per la quale se sei del Sud ti spettano meno risorse senza alcuna giustificazione plausibile se non, appunto, vivere in un territorio piuttosto che un altro. Questo metodo scriteriato cambia in modo sostanziale la ripartizione di 4,7 miliardi e rischia di diffondersi pericolosamente in tutti i riparti regionali. L’Italia, di fatto, non guarda alle realtà locali e ai loro specifici bisogni, ma premia coloro che sono più “bravi”con più soldi rispetto a coloro che sono “cattivi” e ai quali, quindi ne spettano di meno. Ci si dimentica però che i cattivi hanno fatto di meno perché hanno sempre avuto di meno.

Inoltre il conteggio basato sui costi standard è falsato perché non sono mai stati definiti i livelli essenziali di prestazione, i cosiddetti LEP, che la Costituzione (articolo 117 secondo comma, lettera m) garantisce in tutti i territori, e perché nelle formule del federalismo sono presenti trappole per i diritti civili e sociali delle aree deboli. Attualmente questi criteri sono in fase di aggiornamento e soprattutto si sta discutendo se reintrodurre i cosiddetti “effetti regionali”, cioè quella variabile di comodo che viene utilizzata per calcolare il fabbisogno di servizi sociali, ma che nulla ha a che fare con i bisogni reali. Significa che se si parte dal principio che tutti gli italiani sono uguali si va a finire che ce ne sono alcuni che sono più uguali di altri. Lo dimostra molto bene Marco Esposito su “Il Mattino” del 15 giugno: “Tutti [gli italiani] hanno a disposizione in media 63 euro di servizi comunali di carattere sociale (aiuti ai disabili, agli anziani, minori soli, tossicodipendenze, problemi di salute mentale, povertà e così via). Poi però si verifica in concreto nei territori se ci sono maggiori o minori bisogni e qui il Sud a causa della maggiore povertà si vede riconoscere qualche euro in più e sale a 66, mentre nelle due regioni del Nord si scende a 60. Poi si conta il costo dei fattori produttivi (che porta un po’ di soldi al Nord) e si verifica la quantità di servizio assicurato perché più servizi offri più aumenta la domanda (e anche qui il Nord guadagna qualcosa). Alla fine di questi conteggi, si è tornati nella situazione di partenza di 63 pari. Ed ecco che spunta la variabile fantoccio degli «effetti regionali»: si considera cioè che un Comune – per il solo fatto di trovarsi in Campania o in Calabria, cioè in territori le cui Regioni offrono pochi servizi – deve dare anch’esso meno servizi. E così si tolgono dal fabbisogno 18 euro (circa il 30%) al Sud e li si spostano al Nord. Una volta misurati i fabbisogni arrivano le risorse, denari che peraltro al Sud non sono neppure spesi tutti per servizi sociali, visto che rispetto a un fabbisogno riconosciuto di 45, dai municipi è erogato in media appena 32. Ma l’assenza dei Lep impedisce allo Stato di punire i sindaci inadeguati, perché manca il punto di riferimento per definire un amministratore incapace e sostituirlo ai sensi dell.articolo 120 della Costituzione. Mai applicato perché il Sud inefficiente, in fondo, fa comodo”… al Nord, ovviamente, perché incassa sempre di più!

Vede Cancellato? È tutta una partita di giro: ce li date con la destra e ve li riprendete con la sinistra. Ma (permette?) voglio analizzare con lei un altro aspetto del residuo fiscale. Esso non è affatto il frutto della grande capacità dei settentrionali di produrre ricchezza, piuttosto della mancata applicazione della legge Calderoli sulla perequazione fiscale, ovvero il riconoscimento del diritto di ogni cittadino ad avere servizi pubblici, sanità, eccetera adeguati a quanto paga di tasse: lo dice Giannola presidente dello Svimez a “Il Mattino” (17 giugno) aggiungendo poi che “dal momento che è stato dimostrato che al Sud, per via anche delle addizionali regionali e comunali i cittadini subiscono una maggiore pressione fiscale, non si riesce a capire perché lo Stato non applichi la legge Calderoli che dal 2000 avrebbe dovuto ridurre le distanze tra servizi dovuti e servizi resi, permettendo a tutti gli italiani di essere uguali davanti alla legge e al fisco».

Inoltre, dalle vostre parti, desiderate tanto trattenervi il residuo fiscale al punto da dimenticare che tra voi e noi vi è una forte interdipendenza economica la quale implica, per voi, notevoli vantaggi in termini di flussi commerciali, visto che il Sud resta ancora un fondamentale mercato di sbocco della vostra produzione. Lo dimostrano i dati Svimez secondo i quali la domanda interna del Sud è responsabile di circa il 14% del Pil del centronord; in pratica, per ogni dieci euro che dal centronord arrivano al Sud, grazie alla carità del vostro residuo fiscale, 4 se ne tornano immediatamente alla base sotto forma di domanda e di servizi. Giuseppe Provenzano, vice direttore Svimez, afferma su “Il Mattino” (17 giugno): “Il Nord non può fare ameno del mercato meridionale perché se è fuori discussione che negli anni della crisi è stato il Sud a pagare il prezzo più alto, non si può dire certo che il Settentrione sia andato benissimo. Se il Mezzogiorno è la Grecia, il centronord non è più la Baviera”.

Oops…sorpreso Cancellato? E le dirò, alla luce di quanto esposto, che anche la leggenda metropolitana dell’incapacità di spesa delle amministrazioni meridionali o del sommerso o dell’evasione fiscale non tiene più banco. Perché è legittimo, a questo punto, ostentare un ragionevole dubbio circa la reale esistenza e destinazione di un residuo fiscale. I dati dicono che non ci regalate un fico secco, anzi, da essi, si capisce il motivo per il quale la legge Calderoli è rimasta lettera morta. Lo spiega bene Giannola: “In base ai parametri economici di riferimento che furono scelti allora per monitorare la cosiddetta ingiustizia fiscale a danno del Nord e che andavano dai costi standard ai livelli essenziali delle prestazioni, verrebbe fuori una contabilizzazione di residui fiscali ben più consistenti di quelli effettivamente realizzati”. E quindi i casi sono due: o trattenete già più del dovuto oppure non lo dichiarate. In altre parole, evadete! Ma bravi…davvero bravi!

E lei ha il coraggio di definire l’attuale governo come un esecutivo che taglia i trasferimenti al Mezzogiorno?

Vogliamo parlare di tagli, di inefficienze dei governi precedenti? Di Taranto e del suo porto, dove Centinaio (e ho ragione di supporre neanche lei) non è mai stato? Nel 2012 l’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, torinese, del governo Monti, firma un accordo con la TCN (50% Hutchinson e 40% Evergreen) per lo sviluppo del porto di Taranto già rinviato per troppi anni. La Hutchinson è la più grande impresa logistica al mondo con sede ad Hong Kong, mentre la Evergreen, con sede a Taiwan è la seconda. In sintesi l’accordo prevedeva il trasferimento definitivo nel Pireo delle quattro linee con il Far East, qualora le parti in causa rappresentate dal ministro non avessero adempiuto alla realizzazione delle opere necessarie al porto, al fine di garantirne il regolare funzionamento rispetto alla tipologia delle loro attività. Le parti in causa erano Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Il Ministero della Coesione Territoriale, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Regione Puglia, l’Autorità portuale di Taranto, il Commissario Straordinario, il comune e la provincia di Taranto e poi la TCT, la Evergreen e le Ferrovie dello Stato.

Cosa avrebbero dovuto realizzare?

Una nuova diga foranea, il dragaggio di 2.300.000 mc di sedimenti, una cassa di colma, la riconfigurazione di 900 metri di banchina, il piazzale del Molo Polisettoriale, il consolidamento di un’altra banchina e la posa di rotaie lato mare e l’ammodernamento delle vie di corsa lato terra, il tutto da realizzare nel comodo periodo di tempo di due anni per un totale di 190 milioni di euro interamente finanziati. Inutile dire che l’esigua cifra da impegnare per la realizzazione di quanto concordato avrebbe assicurato a Taranto il dirottamento delle merci che all’epoca erano appannaggio dei porti di Rotterdam e di Anversa, cambiando il destino di quell’area e di gran parte del Sud.

Pietro de Sarlo su Basilicata24.it ci illumina su come “Le opere infrastrutturali necessarie al porto erano solo l’inizio e con un minimo di visione strategica si doveva integrare il Porto con il suo retroterra e metterlo in comunicazione rapida con le dorsali ferroviarie e autostradali tirrenica e adriatica” 

Spiega, inoltre, anche in prospettiva, l’importanza della realizzazione “dell’autostrada Lauria – Candela, del raccordo autostradale Pisticci – Taranto, del rafforzamento dei collegamenti ferroviari merci, dell’aeroporto intercontinentale di Pisticci in modo da rendere disponibile alla logistica integrata al Porto la enorme piana che da Pisticci si allunga verso Taranto. Taranto è l’unico porto italiano che per fondali, retroterra, posizione geografica può costituire l’alternativa ai porti nord europei ed essere l’Hub portuale del Mediterraneo per i commerci con il Far East”.

E cos’è successo? “Tutto e niente” dice de Sarlo:“Fiducioso sugli accordi presi, nel 2013, il governo cinese vara il più grande piano di infrastrutture mai concepito nella storia dell’umanità denominato ‘Le Nuove Vie della Seta”. Taranto è, come nella logica, centrale in questo piano e rappresenta la porta mediterranea per gli scambi merci con l’’Europa. Si parla di un trilione e mezzo di investimenti in infrastrutture!”

 E da parte Italiana?“Sono passati i governi e sono inutilmente decorsi i due anni dell’accordo […] A giugno 2015 il consorzio TCT venne messo in liquidazione e i cinesi emigrarono al Pireo. Dei colossali investimenti in infrastrutture all’Italia non restò nulla. Delrio mise a disposizione dei cinesi i porti di Genova e Trieste e si dimenticò di tutto il Sud. Prodi per le vicende di Taranto diede la colpa ai burocrati ma si dimenticò di dire che fu il suo governo nel 1996 a cancellare la Lauria – Candela dalle opere strategiche per lo sviluppo del Paese. Ironia della sorte gli investimenti dei cinesi sul porto del Pireo rimetteranno in moto l’economia greca e la Troika, che invece la ha affossata, se ne assumerà il merito. […] Nel giugno 2017 [5 anni più tardi] sono finiti i lavori per la banchina prevista dagli accordi di aprile 2012, ossia quando avevano già smontato il traguardo e il pubblico era già a casa! Mi pare che stiano cercando un sostituto della TCT: dopo aver disgustato i numeri uno al mondo!”

De Sarlo poi aggiunge: “Occorre maturare una visione su come impiegare le capacità produttive inutilizzate, specialmente quelle del lavoro e al sud, per metterle al servizio dello sviluppo del Paese. Occorre capire che spazi ci sono per recuperare la centralità dei porti meridionali nei commerci con l’oriente. Quali infrastrutture realizzare in che tempi e con quali metodologie”.

Se tre ministeri, una regione, un comune, una provincia, non sono riusciti a realizzare in 2 anni, avendone persi altri 12 precedentemente, infrastrutture per 190 milioni di euro è inutile che qualsiasi governo faccia proclami su come innescare la ripresa economica; non solo del Sud ma dell’Italia intera!

Evviva il Sud dice lei? Evviva l’Italia, dico io, che continua ad ostinarsi a non comprendere come la sua ripresa economica passi necessariamente ed inevitabilmente da Sud.

Immancabili, poi, nel suo “accurato” elaborato, ILVA e TAP. Vede, Cancellato, l’ostruzione posta in essere dai cinque stelle sul Tap non è fine a sé stessa, ma logistica e per l’appunto ambientale. Si chiedeva, in soldoni, che non si deturpasse la spiaggia di Melendugno e il ministro Lezzi in modo responsabile ha affermato nell’intervista a “Il Mattino” che “Personalmente la ritengo un’opera inutile. Ma c’è un trattato ratificato da cinque anni. Dobbiamo prenderne atto. Come promesso, faremo una valutazione attenta e responsabile che arrechi il minor danno possibile ai cittadini”.

Facendo il suo gioco, Cancellato, le potrei dire chi ci ha messo in questa situazione, chi ha ratificato cinque anni fa quel trattato…ma non lo faccio. In primis perché lei né è sicuramente a conoscenza e ipocritamente omette di riferirlo; e soprattutto perché, come ho già avuto modo di dire, preferisco chi prima risolve i problemi e poi ne cerca il responsabile.

In merito all’Ilva, poi, Lezzi ha dichiarato: “Mettere a norma l’Ilva nel rispetto degli standard Ue sarebbe troppo costoso per qualsiasi investitore. Ad ogni modo il dossier è al vaglio, Di Maio incontrerà le parti la prossima settimana. Se dovesse emergere che il piano pone massima attenzione all’impatto ambientale, troveremo una soluzione che concili occupazione e salute dei cittadini”.

Per un governo in carica da neanche 20 giorni è il minimo da poter dire su un caso ultra decennale come l’Ilva.

Ma è in merito all’immigrazione che lei dimostra tutti i suoi limiti. Ha mai sentito parlare, per esempio, del CAF? Non i Centri Assistenza Fiscale… ma il Franco Centro Africano, ovvero la moneta utilizzata in Camerun, Ciad, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo…tutte ex (si fa per dire) colonie francesi. Questa moneta, tra le altre, è una delle cause dei flussi di migrazione verso l’Europa. La stragrande maggioranza dei migranti che si imbarcano verso l’Europa è francofona. Si è mai chiesto perché?

14 stati, formalmente indipendenti dal 1960, sono ancora oggi colonie francesi per via monetaria ed economica e non godono di alcuna libertà economica né commerciale. Il CAF inoltre viene materialmente prodotto in Francia e le loro banche centrali e istituzioni economiche e finanziarie devono sopportare la presenza di un rappresentante francese al loro interno con diritto di veto.

Su ogni scambio, deposito ed operazione è previsto il 65% di interesse che finisce nelle casse francesi: questo significa che la ricchezza dei coloni francofoni non resta in loco ma viene trasferita, appunto, a Parigi. 1 Euro vale 655 CAF (cambio fisso) e per essere cambiato in altra valuta, il CAF deve prima essere convertito in Euro. Inoltre Parigi opera una ferrea selezione tra coloro i quali, dalle sue colonie, chiedono di andare in Francia per motivi di lavoro. Questi vincoli coloniali da XIX secolo e da tratta degli schiavi, rendono queste economie sempre più indebitate con l’UE, sebbene non spendano nulla, vincolandole all’Euro, rendendo impossibili le esportazioni e limitando le importazioni. E Macron si permette di chiudere le frontiere e di criticare Salvini quando dice che anche la Francia deve farsi carico dei SUOI migranti? Cancellato, ma mi faccia il piacere!

In conclusione, tornando a noi italiani, lei scrive del ceto medio impoverito che dovrà farsi carico di “uno spread a 220 punti base, il rischio concreto dell’aumento dell’Iva e la spada di Damocle dell’impennata dei tassi d’interesse – se davvero le agenzie di rating finiranno per bocciare i Btp, derubricandoli a poco più che “titoli spazzatura” – il tutto a causa delle politiche troppo espansive e poco attente al debito pubblico del governo in carica. Tasse più alte, mutui più cari e (forse) qualche straniero in meno. Se questo è il buongiorno, saranno cinque anni interessanti”.

A tal proposito, le basti sapere, caro Cancellato, che spread e interessi sui Btp sono strettamente correlati al Quantitative Easing che il suo amico Draghi ha deciso di eliminare a partire dal 2019. Se davvero si verificherà quello che lei prospetta, non sarà certo responsabilità di questo governo.

Su una cosa, però, ha ragione: saranno sicuramente cinque anni interessanti, ma non per lei!

d.A.P.

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