Ho letto il documento conclusivo del Consiglio Europeo dello scorso 28 giugno con particolare attenzione al “capitolo” sulla migrazione: ebbene sono dell’opinione che un pompiere e un saldatore l’avrebbero scritto meglio di quanto non abbiano fatto il primo ministro bulgaro, Boyko Borissov o il suo omologo svedese Stefan Löfven. Non so quanti di voi siano a conoscenza del siparietto europeo intercorso tra Conte e questi due signori, ma di fatto, checché ne dicano Di Maio e Salvini, il vertice è stato un fallimento.

Resto basito soprattutto dalla generalità del documento che, attraverso un fiume di parole e di condizionali inutili, non propone alcuna soluzione per le tematiche affrontate ma le demanda ad altri organi o più semplicemente le rimanda ad incontri successivi, suggerendo agli stati membri di lavorare ad una proposta. Vi garantisco che le assemblee di istituto al liceo erano più interessanti, così come lo sarebbe, a confronto, un verbale di un’assemblea condominiale. E in questo grande condominio europeo tutti segnano punti a loro favore, fuorché l’Italia che spunta esclusivamente impegni “volontari” quanto improbabili circa le richieste fatte. Ma proviamo a scendere nei particolari del documento: “Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, dovrebbero essere maggiormente intensificati gli sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri paesi. L’UE resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea a tale riguardo”. In che modo? Non è dato saperlo.

“L’UE accrescerà il suo sostegno a favore della regione del Sahel, della guardia costiera libica, delle comunità costiere e meridionali, di condizioni di accoglienza umane, di rimpatri umanitari volontari, della cooperazione con altri paesi di origine e di transito, nonché di reinsediamenti volontari. Tutte le navi operanti nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica”. Un punto a favore di Conte, tuttavia nessuna sanzione per chi ostacola le operazioni della guardia costiera libica.

“Riguardo alla rotta del Mediterraneo orientale, sono necessari ulteriori sforzi per attuare pienamente la dichiarazione UE-Turchia, impedire nuovi attraversamenti dalla Turchia e fermare i flussi. L’accordo di riammissione UE-Turchia e gli accordi bilaterali di riammissione dovrebbero essere pienamente attuati in modo non discriminatorio nei confronti di tutti gli Stati membri.” Un punto a favore della Merkel. Berlino non vuole più immigrati turchi sul proprio territorio e così finanzia Ankara, anche con soldi italiani, affinché se li tenga a casa. Inoltre gli accordi di riammissione dovrebbero essere a carico di tutti gli stati membri, ovvero un po’ di turchi, dalla Germania, devono prenderli anche gli altri stati europei.

“In considerazione del recente aumento dei flussi nel Mediterraneo occidentale, l’UE sosterrà, finanziariamente e in altro modo, tutti gli sforzi compiuti dagli Stati membri, in special modo la Spagna, e dai paesi di origine e di transito, in particolare il Marocco, per prevenire la migrazione illegale”. Questo è il colmo: la Spagna è riuscita dove l’Italia ha fallito. A Madrid si concedono risorse per combattere l’immigrazione illegale, cioè per sparare sui migranti a Melilla, mentre all’Italia i fondi furono assegnati, con il placet dei governi precedenti, per accoglierli e stanziarli sul proprio territorio. Se questo è il peso italiano in UE siamo ancora molto lontani da quello che Di Maio e Salvini paventano.

 “[…] è necessario eliminare ogni incentivo a intraprendere viaggi pericolosi. Occorre a tal fine un nuovo approccio allo sbarco di chi viene salvato in operazioni di ricerca e soccorso, basato su azioni condivise o complementari tra gli Stati membri. Al riguardo, il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione a esaminare rapidamente il concetto di piattaforme di sbarco regionali, in stretta cooperazione con i paesi terzi interessati e con l’UNHCR e l’OIM. Tali piattaforme dovrebbero agire operando distinzioni tra i singoli casi, nel pieno rispetto del diritto internazionale e senza che si venga a creare un fattore di attrazione”. Un punto a favore di Conte, che fa riconoscere il concetto di piattaforme di sbarco regionali. Tuttavia nessun paese africano si è dichiarato disponibile ad istituirle; inoltre i condizionali rendono incerto il contenuto ratificato così come i rinvii delle discussioni ad altre sedi.

“Nel territorio dell’UE coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria […] Tutte le misure nel contesto di questi centri sorvegliati, ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate su base volontaria, lasciando impregiudicata la riforma di Dublino”. Un punto a favore di Macron che introduce il concetto di volontarietà, all’interno di una sezione cruciale per l’Italia, per non scontentare l’asse di Visegrad e dichiarando, in seguito, di non considerare la Francia un paese di primo approdo. Nessun centro si accoglienza in Francia, dunque.

Ai punti 7 e 8 si affidano le rassicurazioni sui contentini ai turchi e agli africani sulla base, nel caso di questi ultimi, della più alta demagogia: “7) Il Consiglio europeo conviene l’erogazione della seconda quota dello strumento per i rifugiati in Turchia e al tempo stesso il trasferimento al Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa di 500 milioni di EUR a titolo della riserva dell’undicesimo FES. Gli Stati membri sono inoltre invitati a contribuire ulteriormente al Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa al fine di rialimentarlo. 8) Per affrontare alla radice il problema della migrazione è necessario un partenariato con l’Africa volto a una trasformazione socioeconomica sostanziale del continente africano sulla base dei principi e degli obiettivi definiti dai paesi africani nella loro Agenda 2063. L’Unione europea e i suoi Stati membri devono essere all’altezza di questa sfida. Dobbiamo elevare a un nuovo livello la cooperazione con l’Africa in termini di portata e qualità. A tal fine non occorreranno solo maggiori finanziamenti allo sviluppo ma anche misure intese a creare un nuovo quadro che consenta di accrescere sostanzialmente gli investimenti privati degli africani e degli europei. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’istruzione, alla salute, alle infrastrutture, all’innovazione, al buon governo e all’emancipazione femminile. L’Africa è un nostro vicino: lo dobbiamo affermare intensificando gli scambi e i contatti tra i popoli di entrambi i continenti a tutti i livelli della società civile. La cooperazione tra l’Unione europea e l’Unione africana è un elemento importante delle nostre relazioni. Il Consiglio europeo ne chiede lo sviluppo e la promozione ulteriori”. Sono decenni che la politica europea si straccia le vesti predicando un futuro in Africa per gli africani e poi continua a vendere armi, fomenta guerre civili, e permette l’esistenza del Franco Centro Africano come moneta coloniale a cambio fisso, di fatto precludendo ogni possibilità di progresso e benessere a quegli stati e alle loro popolazioni…con somma soddisfazione francese e solo francese. In pratica se non si ledono gli interessi di Parigi nelle sue colonie va bene a tutti. Anche a chi raccoglie le briciole come l’Italia. Un punto a favore di Macron.

“Il Consiglio europeo ricorda la necessità che gli Stati membri assicurino il controllo efficace delle frontiere esterne dell’UE con il sostegno finanziario e materiale dell’UE. Sottolinea inoltre l’esigenza di intensificare notevolmente l’effettivo rimpatrio dei migranti irregolari. Riguardo a entrambi gli aspetti, il ruolo di sostegno svolto da Frontex, anche nella cooperazione con i paesi terzi, dovrebbe essere ulteriormente intensificato attraverso maggiori risorse e un mandato rafforzato. Accoglie con favore l’intenzione della Commissione di presentare proposte legislative per una politica europea di rimpatrio efficace e coerente”. Frontex era ed è uno specchietto per le allodole. Uno strumento per placare, all’epoca delle emergenze, le opinioni pubbliche italiane e greche. È proprio all’interno di Frontex che l’Italia si è ritrovata e si ritrova da sola a dover gestire i flussi migratori. Attendiamo quindi le proposte legislative per i rimpatri. Arriveranno?

“Per quanto concerne la situazione all’interno dell’UE, i movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri rischiano di compromettere l’integrità del sistema europeo comune di asilo e l’acquis di Schengen. Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti e cooperare strettamente tra di loro a tal fine”.  Un punto a favore della Merkel, la quale per tenere buono Seehofer in patria, fa “mettere a verbale” che le richieste di asilo pervenute in Germania dagli altri stati membri sono troppe e rischiano di mettere in pericolo Schengen. Un modo carino per dire che loro sono pieni e quindi sono affari dei paesi di primo approdo tra i quali la Francia, per l’appunto, non c’è.

Infine “È necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso. È altresì necessario un ulteriore esame della proposta sulle procedure di asilo. Il Consiglio europeo sottolinea la necessità di trovare una soluzione rapida all’intero pacchetto e invita il Consiglio a proseguire i lavori al fine di concluderli quanto prima. In occasione del Consiglio europeo di ottobre sarà presentata una relazione sui progressi compiuti”. Un punto a favore di Visegrad che evita la redistribuzione obbligatoria.

In conclusione, ci rivediamo tutti allegramente ad ottobre per valutare i progressi compiuti…ma sulla base di quali accordi? Ecco signori: l’Europa è questa! Riunioni, incontri, consigli e commissioni per non decidere nulla, o meglio per decidere sugli interessi del portafoglio di pochi, tralasciando quelli di coloro che quegli stessi portafogli li riempiono con i soldi delle tasse… le nostre. In Europa si ciarla di crisi, di banche, di Q.E., ma non del fatto che la struttura stessa dell’Europa, il suo tessuto sociale, sia a un passo dal collassare.

Sul fronte interno, intanto, i vari esponenti meridionalisti non risparmiano critiche e insulti a Di Maio e Salvini, dimenticando però che il governo è in carica da meno di un mese e che immigrazione, pensioni e povertà sono i problemi “populisti” che attanagliano l’Italia, specialmente il sud, a causa dei quali M5S e Lega hanno vinto il 4 marzo.

D’accordo, non saranno due statisti (Di Maio e Salvini) e magari una “alleanza” M5S e Lega ha scontentato i puristi di entrambe le fazioni. Inoltre l’entourage di Salvini farebbe bene a ricordargli che, dopo l’ultima tornata dei ballottaggi, la campagna elettorale è davvero finita.

Tuttavia esprimere giudizi a priori è moralmente e culturalmente sbagliato: il governo sta lavorando e vedremo se lo farà bene o male, soprattutto guardandolo da Sud.

Lo dico da meridionale, da non leghista e tuttavia apprezzando la ferma posizione del ministro dell’interno sulla questione migratoria a garanzia degli interessi italiani contro, come abbiamo visto, la fuffa europea. Soprattutto perché gli amici meridionalisti non vedono o non vogliono vedere il problema nel problema: gli sbarchi avvengono a Sud e sono pochi gli immigrati che si spostano a Nord per lavorare; mentre quelli che restano da noi, dove il lavoro scarseggia in generale, ingrossano le fila della criminalità. E se questa è un’ingiustizia perpetrata nei nostri confronti, come tante altre, da parte dei nostri “fratelli” del nord, è ancora più ingiusto che uomini che lasciano l’Africa per cercare lavoro (i cosiddetti migranti economici) vengano reclutati dalla malavita. Il Sud, in sintesi, sta fungendo da filtro per il nord. Farebbe comodo anche ricordare come a fronte di 80 milioni di contributi previsti nel 2018 dalla UE a favore dell’Italia per la gestione dei migranti, la previsione di spesa fatta dal governo Gentiloni è di circa 4,7 miliardi. Una goccia nel mare quindi il contributo di Bruxelles, così come lo è lo scomputo delle spese dal disavanzo pubblico italiano; scomputo che favorisce, tra l’altro, esclusivamente la ripresa del nord.

Ecco perché avrebbe senso lo stralcio degli accordi di Dublino e l’istituzione di un fondo europeo per l’immigrazione al quale tutti dovrebbero contribuire facendosi carico in egual modo del mantenimento, dell’accoglienza e successivamente del ricollocamento. Se Europa deve essere allora si comprenda che quando un migrante sbarca a Lampedusa ha messo piede in Europa e non in Italia. E ben vengano anche i centri di accoglienza sul suolo italiano nel momento in cui tutti accettassero i richiedenti asilo in base alle “preferenze” o alle percentuali da stabilire rispetto alla popolazione lasciando le frontiere aperte. Per meno di questo ci si troverebbe ancora davanti all’ennesima discriminazione europea, se non all’ennesimo fallimento, tra i paesi che accolgono e che non accolgono, dove ognuno guarda al proprio tornaconto, perdendo di vista i vantaggi che una tale regolamentazione porterebbe ad ogni singolo paese. Regolamentare significherebbe, infatti, controllare i flussi, non incentivare l’immigrazione clandestina e fare fronte comune contro gli affaristi. Tuttavia il metodo è tanto semplice quanto complicato da realizzare per l’ostracismo di chi, come i francesi, hanno interesse a rendere l’Italia sempre più debole sia economicamente che politicamente per avere campo libero in Libia, dove la geniale idea di Sarkozy di assassinare il colonnello Gheddafi nel 2011, ha drasticamente peggiorato una situazione che, invece, era tenuta sotto controllo. Ma Parigi aveva ed ha bisogno del petrolio e del gas libico a discapito dell’Italia. E un po’, immagino, stiano ancora rosicando per non essere riusciti nel loro intento, visto che Roma, ad oggi, è l’unico governo europeo ad avere un’ambasciata nella Tripoli della “nuova” Libia.

Macron quindi gioca su due tavoli e su entrambi è, com’è suo costume, ambiguo: il primo si trova al confine sud con la Libia da dove i coloni francofoni di Niger, Ciad, Sudan, Congo, Mali entrano indisturbati e senza controllo per dirigersi verso il Mediterraneo e da qui in Italia; il secondo in Europa dove con la scusa dell’umanitarismo a tutti i costi pretende che l’Italia apra i porti per accogliere i migranti delle sue colonie e contemporaneamente mantiene chiusi i suoi scali marittimi e le sue frontiere. L’intento politico francese è chiaro: concentrare e dirottare le risorse economiche italiane sul fenomeno migranti per sottrarle alla Libia dove poi il buon Macron avrebbe campo libero nel ruolo di benefattore…e ci sarebbe riuscito, se non ci fosse stato questo governo.

È mia opinione personale, che il futuro di un africano debba essere in Africa e non concepisco l’emigrazione economica in generale perché sintomo di sfruttamento e di inciviltà. Due esempi su tutti nel recente passato: Italia e Irlanda. Il passo concreto che l’Europa deve compiere, se davvero tiene come dice ai diritti umani, è quello di attuare, realmente e non a parole, politiche che assicurino agli africani un futuro nei loro paesi di origine. Ma prima bisogna superare Dublino ed entrare nella visione di una gestione collettiva europea del fenomeno migratorio e se il meridionalismo “umanitario” non comprende questa metodologia, mette in pericolo il Sud stesso.  Per non parlare poi di quelli che vanno a Pontida  intravedendo nelle politiche leghiste una nuova possibilità per il Sud.  Questi signori sono gli affaristi e gli ascari meridionali dell’ultima ora, pronti a cogliere qualsiasi occasione pur di ottenere un tornaconto personale o rimettersi in gioco nelle elezioni locali, approfittando della sete di voti si Salvini e della Lega. Di fatto però essi dimenticano che chi ci ha “salvato” dalla nostra presunta miseria un secolo e mezzo fa, è anche chi ha segnato successivamente la nostra fine come cultura, come civiltà e come economia. Abbiamo atteso 150 anni per svegliarci e loro vogliono addormentarsi di nuovo. I lombardi o i veneti non sono diversi dai piemontesi e lo dimostra il ministro agli affari regionali Stefani quando afferma che la sua priorità è l’autonomia del lombardo-veneto, perché lei è “prima di tutto veneta”. In soldoni, lei è innanzitutto il ministro del lombardo-veneto e poi della Repubblica. La miopia di queste persone perdura e persiste; incapaci di andare oltre i motti e gli slogan, continuano ad accanirsi sul fatto che il residuo fiscale sia la loro prerogativa di crescita ulteriore, ma perdono di vista che alle basse latitudini, ne ho già parlato in un altro articolo, di quel residuo non arriva più nulla, se mai fosse arrivato, ormai da tempo e ciò che si fa, nel bene e nel male, lo si fa con le briciole dei fondi europei. La verità e quindi la soluzione, cari amici, è nel mezzo. Non bisogna demonizzare Salvini sull’onda del buonismo e dell’umanitarismo franco-europeista, ma neanche lasciarsi abbindolare dai suoi discorsi pseudo-patriottici finalizzati a riunire sotto l’ideale italiano un popolo la cui unificazione è stata dall’origine macchiata da pregiudizi che ancora persistono. Bisogna combattere per sé stessi a partire dal Sud e per il Sud; bisogna ottenere ciò che chiediamo dal 1861: una redistribuzione equa delle risorse basate sulle reali necessità e non sui numeri truccati; investimenti con prospettive reali e non finalizzati a finanziare imprese del nord; tutela della salute e politiche sanitarie uguali per tutti. Altrimenti anche noi saluteremo prima l’Italia e poi l’Europa.

Intanto Macron e chi come lui mira a spaccare il fronte giallo-verde, gongola, sicuro di sé; tra le foglie di Fico: il presidente della camera che, contaminato dalla sedia della Boldrini, vuole mantenere i porti aperti dimostrando di non capire un fico secco della realtà italiana e meridionale. Al fico però, io preferisco la quercia: ben radicata nel terreno e secolare come la nostra identità, la nostra cultura e la nostra tradizione meridionale. Viste da Sud le criticità con le quali il governo deve cimentarsi sono ben lontane dal trovare una soluzione. Non resta che pazientare e osservare…ma non troppo.

d.A.P.

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