Meglio abbandonarli al loro destino e costruire il nostro.

In Italia la mattina ti svegli e incontri uno che sputa veleno sui meridionali. E sai che molto probabilmente a farlo potrebbe essere un meridionale stesso “civilizzato” dal produttivo nord.

È il caso di Vincenzo Imperatore che ieri sul Fatto Quotidiano ha dimostrato quanto sia superficiale il suo pensiero e quanto la questione meridionale sia banalizzata a certi livelli (che poi sono quelli delle stanze dei bottoni). Per il “napoletano” Imperatore, infatti, la questione meridionale si riduce tutta ad un trade off, operazione finanziaria alla quale noi non saremmo abituati. Si tratta di ottenere qualcosa che vale di più di quello a cui si rinuncia e rinunciare a più di quello che si ottiene. Ci dica Imperatore, in questo trade off, lei dove colloca il Sud? In effetti entrambe le ipotesi calzerebbero, poiché afferma che i diritti civili e costituzionali, ai quali rinuncerebbero 20 milioni di persone, valgono 82 miliardi di euro. Mai visti tanti soldi per il Sud, dice lei, solo che non potranno mai essere abbastanza per barattare le nostre vite. Se poi volessimo soffermarci sul Recovery, allora all’appello mancano 63 miliardi che, nell’operazione di trading a lei tanto cara, vanno a coloro abituati a fare profitti sulle vite degli altri.

Un po’ come avviene nel film “Cose dell’altro mondo” nel quale gli industriali veneti campano con il lavoro degli immigrati, al contempo disprezzati, salvo poi andare in crisi quando questi li abbandonano. Provate ad immaginare se i meridionali che lavorano e producono al nord, andassero via. I signori come Imperatore avrebbero le competenze per sostituirli? La sola ipotesi di un simile scenario, sarebbe già sufficiente a comprendere quanto razzismo sia intriso nelle sue parole quando scrive di “incapacità genetica” meridionale nell’utilizzare i soldi. E se poi fosse l’intero Sud ad andarsene? Dove il nord, che ha nel Sud lo sbocco “naturale” del mercato interno, venderebbe i suoi prodotti?

Eppure c’è chi vorrebbe inutilmente tentare un dialogo con persone simili, per “dimostrare” loro che siamo tutti uguali, sebbene lo affermino già La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Costituzione Italiana. C’è chi vorrebbe confrontarsi con coloro, che la disattendono fin dalla sua nascita, per discutere sulle cause che hanno come effetto non l’incapacità, bensì l’impossibilità di spendere risorse a Sud; per convincere attraverso i dati, che pure inevitabilmente indicano la strada da seguire per fare dell’italia uno stato di diritto, chi finora se n’è altamente infischiato sia dei diritti civili quanto della Costituzione.

Utopia pura e semplice quella di voler far cambiare dall’interno un sistema marcio e corrotto come quello italiano. E non si tratta di separatismo, bensì di realismo, meglio di meridionalismo, perché sebbene io sia nato italiano, di fronte allo scempio compiuto dal Piano Nazionale per le Risorse ai Ricchi, mi dispiace, ma italiano non mi ci sento affatto!

È ora di affrontare certi discorsi dal punto di vista meridionale e non più nazionale, ammesso e non concesso che chi ci governa lo abbia mai fatto. È ora di analizzare i dati non più per convincere delle nostre ragioni chi questi dati li conosce fin troppo bene, ma esclusivamente per dar battaglia per il Mezzogiorno a partire dal Mezzogiorno. La battaglia per la giustizia, per l’equità, per i diritti civili non può essere portata all’orecchio dei sordi che oggi come ieri siedono a Roma perennemente incuranti di una parte del paese che all’occorrenza, e solo allora, chiamano italia. Prima ne prendiamo atto, meglio sarà per tutti.

d.A.P.

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