Perché non siamo abituati alla correttezza e alla verità nel raccontare la nostra città.

di Rossella Solombrino

È stato il caso televisivo della sera di Natale. Record di ascolti e interazioni social per la puntata speciale dedicata a Napoli e oggi la notizia è stata riportata da tutte le maggiori testate giornalistiche a conferma del successo “inaspettato”.

Alberto Angela ha avuto il grande merito di raccontare Napoli con verità e passione, mostrandola semplicemente senza pregiudizi e denigrazione, così come accade e dovrebbe accadere per qualsiasi racconto di arte e storia dedicato ad una città. Un trattamento a quale Napoli non è abituata.

Una delle quattro maggiori città d’arte italiane  viene da sempre ricordata per ciò che non è, amplificandone le ombre (insite in ogni metropoli) e cancellandone l’identità e la storia al fine di ridurne la visibilità e “offuscarne le luci”, dimenticandosi spesso che ciò per cui l’Italia viene ricordata nel bello all’estero, proviene proprio da Napoli.

L’educazione alla minorità nei confronti di Napoli e dei meridionali, quella che Pino Aprile racconta nei suoi libri, è quel modo di raccontare i meridionali, certificato da uno studio su 30 anni di informazione di Stato, volto a dedicare al meridione il 9% del tempo per il divulgare nel 90% di esso informazioni legate alla malasanità alla mafia etc., affinché ci sentiamo inferiori tanto da non credere di avere una propria dignità rispetto ad altri.

Di questa informazione da anni viene riservato a Napoli e ai napoletani il trattamento peggiore, ben coscienti del fatto che si parla di una città che, con i dovuti investimenti, sarebbe realmente al centro del panorama culturale mondiale ben più di come già lo sia stata prima di un’unificazione fatta con il sangue e la ricchezza dei meridionali.

Ed ecco che a riportare al centro dell’informazione la verità e la bellezza della nostra città, arriva un settentrionale che tiene attaccati agli schermi gli spettatori per 3 ore mostrando e ricordando loro -finalmente- di cosa Napoli sia capace e cosa realmente meriterebbe.

È capitato spesso che a ricordaci di alzare la testa siano persone che amano Napoli più di tanti meridionali. Quei meridionali che, completamente lobotomizzati, non si rendono conto di quanto pericoloso sia stato amplificare 160 anni di pregiudizi e bugie, le stesse che hanno giustificato e giustificano politiche nazionali contro il meridione di cui oggi subiamo gli effetti.

🔺politiche governative come il federalismo fiscale senza applicazione dei Lep, basate ad esempio sulla fake news della siringa siciliana (con ago) che costava più di quella piemontese (senza) per poi scoprire che, se applicati, i Lep avrebbero accordato, per la sanità, maggiori risorse ai meridionali;

🔺sottrazione di fondi destinati al Sud e dirottati al Nord (come sta accadendo con il PNRR) attraverso il pregiudizio secondo il quale “il sud non è in grado di spenderli”, nonostante siano stati organismi come Banca d’Italia  e Eurispes a certificare che i fondi ordinari nel meridione in realtà non arrivino e che le regioni del Sud, vengono costantemente messe nelle condizioni di non poterle spendere attraverso una  dotazione di personale ben inferiore alla media e a bandi penalizzanti. E non si ha notizia invece di come, nonostante il poco che arriva, mediamente i comuni del Sud siano in grado spendere meglio quegli stessi soldi;

🔺candidati sindaci di Napoli che attraverso dichiarazioni in stile “Bisogna partire dalla civiltà dei napoletani” amplificano il pregiudizio verso una città con livelli di corruzione e delinquenza inferiori a molte altre in Italia e in Europa. Pregiudizi che determinano un minore afflusso di turisti oltre a servire da giustificazione per i partiti del PUN per non concedere quanto in realtà alla citta spetterebbe a fronte di trattamenti politici di sfavore, colpevoli di una buona parte del debito che mette in ginocchio Napoli e i napoletani.

Grazie, quindi, ad Alberto Angela per aver reso giustizia alla città e speriamo di aver ricordato ai tanti smemorati di cosa dovremmo essere orgogliosi per reclamare politicamente ciò che ci appartiene di diritto.

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