Le Universiadi si aprono ufficialmente al San Paolo dopo il rigoroso e colpevole silenzio degli organi di informazione di questi giorni. Su Rai 2 la telecronaca è piena dei soliti luoghi comuni, mentre allo stadio si fischiano i politici. Non una parola su come la sfida sia stata ampiamente superata nonostante le divisioni campaniliste di chi rivendica per sé, in un modo o nell’altro, un tale successo.

Uno spettacolo bellissimo, in una atmosfera piena di felicità alla quale hanno contribuito non poco le trovate geniali degli atleti. Eppure tutto questo è stato nuovamente trasformato in stereotipo per far passare sulla tv nazionale la Napoli che tutto il resto d’Italia vuol sentirsi raccontare.

Ma la storia delle Universiadi è la storia di un successo tutto napoletano e tutto campano, al di là delle diatribe tra De Magistris e De Luca, ai quali i fischi del San Paolo, a mio modesto avviso, hanno voluto ricordare che le sfide si combattono e vincono insieme e non mettendosi i bastoni tra le ruote a vicenda. Uno spirito di collaborazione, o almeno un silenzio istituzionale, tra i due sarebbe stato auspicabile. Purtroppo abbiamo assistito, durante i lavori di preparazione e nell’immediata vigilia della cerimonia di inaugurazione, a piccoli teatrini che per fortuna hanno lasciato il tempo che hanno trovato causando poi la sparuta e breve contestazione sonora al San Paolo. Ci può stare.

“Grazie per tutto, specialmente per lo sport, la cultura e la pizza”. Questa la frase sui grembiuli da chef che indossava la delegazione brasiliana. Che, detto tra noi, di Napoli ha capito proprio tutto.

Quello che proprio non ci sta è la telecronaca: la tombola, il caffè sospeso, la pizza, il lotto e, dulcis in fundo, la città difficile. Carlo Verna e Fatima Trotta, napoletani, si prestano a questo giochetto, sminuendo anche le simpatiche e consapevoli trovate degli atleti sud americani, di fatto non cogliendone la vera essenza: “Grazie per tutto, specialmente per lo sport, la cultura e la pizza”. Questa la frase sui grembiuli da chef che indossava la delegazione brasiliana. Che, detto tra noi, di Napoli ha capito proprio tutto. Infatti Napoli è tutto questo e tanto altro. Napoli è sport perché i suoi atleti hanno contribuito e contribuiscono ai successi italiani e perché la sua squadra di calcio è oggetto di un amore senza confini da parte dei suoi tifosi. Amore colto pienamente dagli argentini che hanno portato con loro la maglia di Maradona. Napoli è cultura perché è la città che ha scritto, più di tutte, pagine importantissime nella storia culturale dell’Italia, dell’Europa, del mondo attraverso la prima Università pubblica di Europa (alla faccia dello spacca-Italia) e attraverso i riconoscimenti (nei più svariati campi) ai suoi emigrati nel mondo. Napoli è la città che ha ispirato autori del calibro di Stendhal e Goethe, ha dato i natali ad autori teatrali, commediografi ed attori del calibro dei de Filippo (e potrei continuare), dove giacciono le spoglie di Giacomo Leopardi, dove ci sono più chiese che case, e dove nel suo splendore si distende il Cristo Velato. Napoli è la città che attira più turisti al mondo e un motivo ci sarà. E Napoli, e la Campania tutta, è certo anche pizza che vuol dire cultura eno-gastronomica all’avanguardia con i migliori chef al mondo che qui sono nati, con i suoi vini e i suoi prodotti tipici che anche se non hanno sigle D.O.P. o D.O.C. eccetera (queste sono appannaggio del nord che ha i soldi per comprarsele e che viene da sempre tutelato ai nostri danni) sa prendere per la gola chi non si ferma davanti alle apparenze o alla forma, ma ha il coraggio di sporcarsi le mani per trovare e provare qualcosa di unico. Così come unico è l’amore degli Uruguaiani che sul loro striscione hanno scritto “Tante grazie Napoli, l’Uruguay ti ama”. Non per Cavani, perché altrimenti avrebbero mostrato la sua maglia come gli argentini per Maradona, ma molto più probabilmente, come scrive Armando De Martino su “Il Napolista”,  perché la grande emigrazione del 1870-1960 ha portato più di due milioni di meridionali nei porti di Buenos Aires e Montevideo, e dunque, sempre probabilmente, metà di quella delegazione ha sangue del nostro Sud. Nessuna captatio benevolentiae, dunque. Ditelo pure a Verna e alla Trotta!

E all’entrata dell’Italia ‘O surdato nnammurato, cantata da tutto lo stadio, sovrasta Gloria di Umberto Tozzi suonata a tutto volume dagli altoparlanti.  Come a dire: questi siamo noi! Che fa il paio con Malika Ayane che canta “sono un italiano vero”: l’Italia, quella vera, siamo noi perché già lo eravamo prima!

Sarebbe giusto dire che, quando vogliamo farle, le cose sappiamo farle bene e non temiamo confronti.

Poi però mi tocca leggere ed ascoltare, anche da parte di napoletani, che per fare qualcosa in città c’è bisogno sempre di un grande evento; che l’ordinario non viene preso in considerazione se non quando accade lo straordinario; che il piano del traffico fa schifo; che questo è un bel sogno che terminerà con la fine della manifestazione. Che ci sono volute le Universiadi, insomma, per far cambiare in meglio la città, come scrive, sempre su “Il Napolista”, Ilaria Puglia. Ebbene non sono d’accordo. Le Universiadi sono state organizzate con soldi pubblici sì, ma solo ed esclusivamente dei cittadini campani. Chi ce li abbia messi, De Luca e la Regione o De Magistris e il Comune, poco importa! Resta il fatto che da Roma, per un evento importante come questo hanno detto, in pratica, a noi non interessa; fatevele da soli visto che le avete volute! E questo è un refrain che è vecchio quanto l’Italia (politicamente, intendo). E così, come al solito, ci siamo dovuti arrangiare, ma abbiamo mantenuto la parola: le abbiamo fatte da soli. Cosa che invece non è avvenuta per i nostri “fratelli” lombardi che hanno preso le olimpiadi invernali con la promessa di non chiedere un soldo a Roma, salvo poi il giorno dopo invocarne i finanziamenti che, non ho dubbi, verranno loro sicuramente concessi. E sono anche soldi nostri! Che però non ritorneranno più al sud, ma resteranno al nord.

È necessario, quindi, a tutti i livelli, dallo sport alla politica, dai comuni alle regioni, un fronte del Sud compatto che chieda ed ottenga di più da chi di dovere, fregiandosi degli eccellenti risultati ottenuti col poco.

Piuttosto, cara Ilaria Puglia e compagnia bella, sarebbe giusto dire che, quando vogliamo farle, le cose sappiamo farle bene e non temiamo confronti: se i nostri soldi sappiamo spenderli ed investirli nel modo giusto, con competenza, qualità e affidabilità, riusciamo ad ottenerne un adeguato ritorno sia economico che di immagine. Questo dovrebbero fare i politici del Sud per il Sud. Noi abbiamo sempre fatto fuoco con la legna che abbiamo avuto e nessuno ce ne ha mai regalato un pezzo. Ma se tra di noi qualcuno getta l’acqua sul quel fuoco, allora ci troveremo con meno legna e più freddo da combattere. È necessario, quindi, a tutti i livelli, dallo sport alla politica, dai comuni alle regioni, un fronte del Sud compatto che chieda ed ottenga di più da chi di dovere, fregiandosi degli eccellenti risultati ottenuti col poco. Le Universiadi possano essere solo il primo passo di una più ampia rinascita, al di là questi giudizi stereotipati. Noi non vogliamo complimenti: siamo Napoletani!          

d.A.P.

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