Le parole di Draghi sulla destinazione dei fondi PNRR restano indecifrabili; quel che è certo, è che alla fine della terza ondata ripartiranno le regioni più avanti con i vaccini. Indovinate quali.

«Molti si chiedono se questo Piano sia in continuità o meno con il precedente: è certamente in continuità in alcune aree dove la discontinuità non aveva nessun motivo di esserci, ed è in forte discontinuità in altre aree».

Sono le parole del premier Mario Draghi, durante l’incontro con Regioni, Anci e Upi sul Recovery Plan. E chi ci capisce qualcosa è bravo. Perché proprio nella cripticità delle parole potrebbe (il condizionale è d’obbligo fino a prova contraria) nascondersi la fregatura. Ovviamente per il Sud.

Che si resti sospesi in una dimensione di pericolosa incertezza, considerando l’enorme importanza che il Pnrr riveste per il Sud, e quindi per l’intero sistema paese, nonché all’oscuro sulla concreta assegnazione delle risorse a livello territoriale, non è giustificabile. In particolar modo se davvero nelle intenzioni del governo ci fosse quella di recuperare i decennali distacchi e gap interni. In sintesi se è chiaro a tutti che i soldi da spendere ci sono, non si è per niente certi di dove verranno spesi e se per programmi già esistenti o per nuovi. O forse la certezza esiste nelle segrete stanze romane, ma non deve ancora essere resa pubblica. Potrebbe essere, infatti, ancora toppo presto e si concederebbe la possibilità di ricorsi, proteste e manifestazioni di piazza da parte di quella parte cospicua di società civile meridionale (ma non solo) che ha definitivamente capito come va questo maledetto paese. Prima il nord, poi gli altri. E questo fine “giustifica” ancor di più la strategia di “segretezza” soprattutto alla luce dell’iniziativa dei sindaci del Sud e del fronte comune meridionale all’interno della conferenza stato regioni. Stiamo ragionando per ipotesi, certo, ma sfido chiunque a contestarne la plausibilità.

Dove invece non si può contestare la disparità di trattamento nei confronti delle regioni del Mezzogiorno, in particolare della Campania, è sul fronte vaccini. Sempre Draghi ieri ha affermato che alla fine della terza ondata ripartiranno prima le regioni con il numero più alto di immunizzati. Ragion per la quale il criterio di distribuzione dei vaccini deve essere sempre tarato in base al personale sanitario in forza alle regioni a sua volta determinato dall’aspettativa di vita regionale. Mentre ragionevolezza, buon senso ed equità, parole del tutto estranee ai governi italiani, vorrebbero che una giusta distribuzione dei sieri avvenisse in base al numero di abitanti delle regioni. Tant’è lo stato se ne infischia, impunemente. E così accade che il “credito” vaccinale campano, per fare un esempio, salga ad aprile a 211 mila dosi e che le regioni indietro con i vaccini siano quelle che ne ricevono di meno sulla base di quello scriteriato criterio. A Toscana, Calabria e Puglia, agli ultimi posti con la Campania, fanno da contraltare Lazio, Veneto ed Emilia Romagna, ai primi. Più brave queste ultime? Sì, ma con i vaccini degli altri! E ciò nonostante ieri la Campania ha superato il milione di dosi inoculate (lo avete sentito in TV? Io no!) che considerati i fatti è un vero e proprio miracolo. E lo sa anche il Presidente De Luca che ieri è tornato sul punto: «Ricordo che noi dobbiamo ancora recuperare 176mila vaccini in meno che hanno mandato in Campania. Oggi la nostra Regione è la più penalizzata d’Italia e ha anche 15.000 dipendenti in meno in sanità rispetto a quanti dovrebbero esserci per la popolazione che abbiamo. Quello che facciamo in Campania con le risorse che abbiamo è un miracolo».

Ma si sa, i miracoli in Italia accadono solo a certe latitudini e l’ultimo accadrà proprio oggi in conferenza stato regioni. Bonaccini (PD) lascia la presidenza e al suo posto verrà eletto Fedriga (Lega Nord). Tutto in continuità con l’ultra secolare politica italiana: prima il nord!

d.A.P.

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